Ho iniziato il liceo a metà degli anni ’70, quando il movimento del ’68 si stava quasi facendo dimenticare.

Arrivavo da una scuola media privata, ed il passaggio fu quasi traumatico, sbalzata all’improvviso in un mondo dove il dibattito era all’ordine del giorno.

Mi guardavo attorno e l’unica cosa che potevo fare era ascoltare. Quando la professoressa di italiano entrava in classe con piglio severo, si poteva stare certi che qualcosa di grave era accaduto. Le brigate rosse stavano iniziando a compiere atti terribili; la prof era conservatrice, il marito scriveva sul Giornale di Indro Montanelli, ed i miei compagni di classe più politicizzati la aspettavano al varco. Bastava uno sguardo e la diatriba esplodeva; i miei compagni avevano quindici anni, come me, ma avevano mangiato pane ed impegno sociale, sin da piccoli, e sapevano bene il fatto loro. Con il dovuto rispetto, ma ribattevano tono su tono. Per noi “ignoranti” era garantito che, per tutta l’ora, non avremmo combinato nulla, e ci guardavamo ammiccando; pian piano iniziavamo a chiacchierare d’altro ed a divertirci. Ascoltando la televisione gli schieramenti erano abbastanza chiari: da una parte Berlinguer, dall’altra l’On. Aldo Moro. Persone integre, che avevano contribuito a creare l’Italia del dopo guerra. I programmi più visti erano quelli del sabato sera, quando gli ospiti nello show più atteso della settimana erano Vittorio Gasmann, Totò, Mina, Peppino de Filippo, i grandi del teatro, del cinema e della canzone. Le ballerine mostravano lunghe gambe con calze di seta nera, ma sapevano ballare e cantare.

Una mattina l’altoparlante della scuola gracchiò forte, ed il suono indistinto della radio collegata in diretta ci fece zittire, tanto era insolito. Tendemmo l’orecchio, e riuscimmo a cogliere lo speacker annunciare che un commando di terroristi aveva rapito l’On. Moro. Increduli ed in silenzio, restammo qualche secondo fermi, senza capire cosa avrebbe potuto comportare una cosa del genere. Le voci di commento furono meno accese del solito: la Prof parlava con i suoi alunni, questa volta entrambi dalla stessa parte. Noi “ignoranti” ci sentimmo rassicurati, c’era qualcuno che ne sapeva di più, che se ne sarebbe occupato, che aveva fatto della politica l’impegno di tutta una vita, proprio per garantire libertà e giustizia al Paese.

A distanza di così tanti anni, guardare la televisione è un rischio grave, e per tutta la famiglia.

Tra i primi sette canali, di media almeno cinque trasmettono film o serie televisive con sangue e cadaveri (a pezzi o interi) ovunque.

Le trasmissioni più in voga vedono la casalinga di Voghera protagonista assoluta, in veste talora di velona, talora di mamma di aspirante miss, talora in quanto suocera del genero che ha tradito la figlia, talaltra come nonna di bambini terribili affidati a “tate” di ogni genere, a volte come opinionista a volte come innamorata del cantante che vuole a tutti i costi conoscere. I programmi che si occupano, in qualche modo, di cultura, li si scopre a notte fonda, per caso, in qualche notte insonne. Di giorno non fanno audience.

Tutto il marcio della politica è venuto a galla, probabilmente c’è sempre stato, ma non era così evidente, così manifesto; la puzza non era così forte, lo schifo non così rivoltante. Chi si occupava della “res publica” faceva proprio quello, in modo sempre discutibile e migliorabile, ma non veniva insediata l’amante dell’uomo politico sullo scranno; si sapeva che c’era, ma non veniva eletta.

Ogni cittadino, oggi, a buon diritto, può pensare di poter fare di meglio di coloro che -probabilmente lui stesso- ha votato. Persino un programma televisivo con dei contenuti di livello superiore rispetto a quelli per cui paghiamo il canone, lo possiamo imbastire con pochi, buoni, amici.

La storia insegna, persino agli “ignoranti”.

Roma, al tempo di Nerone, è bruciata. Sodoma e Gomorra sono andate distrutte. Se ben mi ricordo.

Questo periodo segna il passaggio da un’epoca materiale, che ha raggiunto il suo culmine, ad una più spirituale, così, almeno dicono.

Per quanto mi riguarda, sono tra quelli che non vedono l’ora.

Che venga pure la fine di questo mondo.

Da qui in poi, potremo solo migliorare.

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