separazione

Sempre più lacerazioni avvengono nelle famiglie, che sono il luogo dove gli schemi si perpetuano, tramandati da generazioni e generazioni. L’adulto, che non ha voluto comprendere meglio se stesso e si è accontentato dell’andazzo più diffuso (quello di criticare gli altri e lamentarsi, che permette di non vedere i propri errori, di andare avanti così e di ritenersi migliore) ha trovato un partner, si è sposato ed ha generato dei figli.

Quasi nessuno si rende conto di avere scelto inconsapevolmente proprio la persona che gli farà rivivere le ferite dell’infanzia, che sono ancora tutte lì, non riconosciute e non curate, pronte a sanguinare appena il periodo dell’innamoramento sarà finito. La convivenza si protrae il tempo sufficiente a far sì che il dramma si ripresenti di nuovo, con situazioni ed attori diversi, ma con le stesse componenti. Pochissimi si accorgono che il momento della “spaccatura” avviene spesso nella stessa stessa fascia d’età in cui la madre o la nonna (per le donne) o il padre o il nonno (per gli uomini) hanno vissuto qualcosa di simile; la “programmazione” inconscia ha una perfezione incredibile!

Nella famiglia avviene, quasi sempre, il massacro più brutale, la guerra più sanguinosa, la battaglia più cruenta. Così sostenuta e difesa dalla morale corrente, e così spesso scenario della distruzione di creature che, in quella che dovrebbe essere amorevole dimora, imparano rassegnazione, odio, rancore, invidia, egoismo, sopraffazione e quanto di peggio l’essere umano sappia esprimere. In questo modo ci si duplica all’infinito, trasmettendo ai propri figli gli stessi disturbi e la stessa infelicità.

Quello che, nella coppia, avrà il coraggio di dire “basta” (spesso dopo aver perduto entrambi o uno dei genitori – perchè prima “qualcosa” lo tratteneva), chi deciderà di avere sopportato abbastanza, sarà anche quello che subirà maggiori pressioni e ritorsioni.

Il campo di battaglia, allora, diventano i figli, da cui si spera di ottenere sostegno e comprensione ad oltranza. Il genitore che vuole dimostrare, a tutti i costi, che l’altro ha sbagliato, sarà contento di vendicarsi mostrando come trofeo la sofferenza dei bambini o dei ragazzi, senza accorgersi di aumentare, così facendo, i danni a dismisura.

Chiunque pretenda di insegnare ad un figlio ad odiare o a disprezzare la propria madre o il proprio padre, sta commettendo un crimine. Il genitore che trasmette il proprio rancore ai figli sta devastando e distruggendo quella promessa di una vita felice che era implicita nell’atto d’amore che li ha generati.

Chi subisce la decisione di interrompere un rapporto che, già di per sè, era morto, ma veniva tenuto in piedi per convenienza sociale, spesso soccombe alla pressione, poichè viene costretto ad affrontare, di colpo, ciò che aveva voluto ignorare con costanza. Dopo un primo periodo di stordimento, le reazioni più prevedibili sono quelle del rancore e della vendetta. Non sentendosi più “coperto” da una “struttura” sociale riconosciuta, mentre la propria corazza si sgretola, sprofonda nell’angoscia del non essere amato ed apprezzato, del sentirsi rifiutato e gettato via, come già gli era accaduto nell’infanzia rimossa. La sua reazione non sarà quella dell’adulto, ma quella del bambino ferito e lacerato, che giace ancora in profondità. Dimentico di essere padre e madre a propria volta, cercherà conforto e sostegno nei propri figli, ai quali affiderà il compito di renderlo/a felice, schierandosi dalla sua parte, o il senso di colpa nel caso in cui ciò non avvenga.

Ritengo sia dovere di entrambi i genitori, riconoscendo nell’altro l’incapacità momentanea (o permanente) di uscire dalla spirale dell’odio e della vendetta, sottrarsi a questo schema, uscirne, e dare ai propri figli la possibilità di avere ALMENO UNO dei genitori che trasmette tranquillità e speranza nel futuro.

Avendo vissuto tutto questo sulla mia pelle, posso testimoniare che la separazione può essere il punto di partenza per una profonda maturazione, per una conoscenza di sè più approfondita, per una trasformazione in meglio, un’occasione importantissima per riconoscere le proprie ferite ancora aperte dell’infanzia e trovare il modo di curarle.

Ho avuto la fortuna di avere amiche straordinarie, che mi hanno insegnato a non restituire la stessa moneta a chi avrebbe voluto distruggermi e, grazie a loro, ho permesso a mio figlio di continuare ad amare il proprio padre. Ho avuto amici eccezionali, che mi hanno detto che dovevo farmi rispettare da mio figlio, anche quando mi ripeteva a pappagallo parole pesanti. Ho costruito la stima ed il rispetto di me stessa che non avevo, continuando a vivere all’ombra di qualcun altro. Sono uscita allo scoperto ed ho lottato per la mia vita, rifiutandomi di accettare ancora costrizioni o manipolazioni.

Ci si ama e poi ci si lascia, e la fine di una storia fa parte del vissuto così come ogni altra separazione che avviene nell’ordine naturale delle cose.

Come molte altre situazioni, così anche la separazione può offrire un’opportunità importantissima: quella di imparare a dare valore a se stessi, non più grazie al riconoscimento dell’altro, non più in quanto moglie o marito, ma in quanto persona che sa quanto vale e che non è disponibile ad accettare nulla di meno.

Stare da soli è una prova ed un privilegio, e la solidità che ci si costruisce dentro apprezzandosi ed amandosi, anche quanto tutto intorno si sgretola, ed i tuoi cari non ti comprendono, è la base sicura di un futuro sereno, indipendentemente da tutto e da tutti.

E’ piacevole, dopo alcuni anni, potersi concedere di ridere di quel periodo così devastante, ormai superato e lontano, e riconoscere che anche in quello che è stato il tuo consorte perdura l’affetto ed il rispetto reciproco…..è molto meglio tardi che mai…….

 

 

 

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