Questo titolo mi gira nella testa da un po’, quindi ho deciso di andare a rileggermi la trama del romanzo di Pirandello, che risale al 1925/26. E’ strano, eppure il protagonista sembra uno di noi, malgrado sia passato quasi un secolo, poiché è alle prese con la domanda cruciale che ogni essere umano dovrebbe porsi:

    “Chi sono io?”

uno, nessuno, centomilaDalla banale osservazione che la moglie fa sul suo naso, dicendogli che è storto, mentre lui lo ha sempre visto dritto, egli si rende conto, per la prima volta, che ciò che lui vede e conosce di sé è completamente diverso da ciò che vedono gli altri. Approfondendo questa analisi si rende addirittura conto che, mentre ha sempre creduto d’essere figlio d’un banchiere e di continuare l’onorato lavoro del padre, ha sempre evitato di vedere che il lavoro che essi svolgono è quello di usurai.

Questa presa di coscienza somiglia davvero a quella che molti di noi stanno facendo, o evitando, nel rendersi conto di essere incastrati in un meccanismo per cui, in cambio di uno stipendio che consente una vita agiata (chi più chi meno, naturalmente), si presta la propria opera in imprese tutt’altro che onorevoli (e qui ognuno può metterci ciò che vuole – diciamo che le banche sono senz’altro un buon esempio).

Potersi sganciare dall’ingranaggio e liberarsi dal meccanismo significa, ed ha significato, per molti di noi, essere considerati “folli”, come in effetti accade al protagonista del romanzo, che cerca di compensare le malefatte del padre donando immobili e denaro a coloro i quali il padre le aveva tolte. A me è accaduto, e credo a moltissimi altri, di scegliere di uscire dalla logica dell’obbligo del lavoro in azienda per ottenere uno stipendio, che, però, richiedeva orari fissi, giornate interminabili rinchiusa in una scatola di cemento, ferie solo nei periodi “canonici” determinati dall’azienda, eccetera eccetera. E, naturalmente, la reazione delle persone vicine (a quelle lontane tutto sommato interessa poco quello che facciamo!) è stata quella di ritenermi matta!

In quella “apparente” sicurezza a stipendio fisso si nasconde la trappola in cui la moltitudine è ingabbiata: lavorare per pagare bollette e mutuo, comprare oggetti inutili, mangiare cose malsane e respirare aria inquinata, costringendosi ad accettare uno schema di vita che non prevede giornate libere, aria aperta, e nulla di ciò che riempie la vita di gioia (amore, musica, ballo, tempo per sé e per le persone care). Uscire dallo schema è “follia” – questa è la logica che da secoli ci viene trasmessa dalle generazioni precedenti. E non solo questo: volere il Bene degli altri esseri umani non è previsto, poiché colui che ottiene maggiore riconoscimento è proprio quello che imbroglia, ruba e truffa senza pietà. A quest’ultimo vanno i voti, la gloria, la ricchezza, gli onori del successo e della celebrità.

Il nostro amico pirandelliano, addirittura, subisce un tentato omicidio, poiché la persona con la quale si era aperto, ed aveva spiegato i suoi più intimi pensieri, ne rimane così sconvolta che tenta di ucciderlo. Purtroppo ancora oggi chi sceglie di uscire da certi inganni e malaffari viene ucciso, in quasi tutti i paesi del mondo.

La conclusione di Pirandello (essendo il suo ultimo romanzo è anche ritenuta il suo testamento letterario) è che:

“La realtà non ci fu data e non c’è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.”

Il protagonista finisce la sua vita in ospizio, dopo aver “accettato il nulla” della propria condizione, scegliendo di estraniarsi dal mondo:

“Muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori.”

Perché ci racconti questo, mi chiederete?   uno, nessuno, centomila

Perché sono passati cento anni – quasi – e la frammentazione di ognuno di noi ora è così evidente, così manifesta, così esposta! Eppure questa Epoca di Consapevolezza ci chiede, insistentemente, di riconoscerci UNO, di recuperare la connessione con la Divinità che ci abita e che abita in ogni cosa.

E questa morte che accade “ogni attimo” è quella del nostro IO, che non trova appigli per restare com’è, poiché ogni illusione o certezza viene ora smantellata o distrutta. Chi è attento e connesso alla propria sensitività si accorge che il proprio EGO è continuamente attaccato, annullato, smontato, smascherato. Il “processo” che è in atto, ora, è un sistematico annientamento delle maschere e della falsità, ovunque essa si trovi, dentro o fuori di noi.

E “rinasco nuovo e senza ricordi, vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori” perché questa distruzione dei centomila IO che ci abitano ci permette di tornare in Vita, in modo nuovo, creando una realtà che vuole essere formata. E sappiamo già che non è definitiva, e che non esiste neppure, ma servirà solo ad arrivare a domani, quando il “processo” creerà altre possibili realtà.

La follia dell’ESSERE SE STESSI sta diventando possibile; gli ingranaggi del meccanismo hanno già molte falle, in tanti stanno riuscendo ad evadere, da molti anni a questa parte. Forse, tra altri cento anni, tutta la trappola sarà solo un cimelio storico, ed il nostro pianeta diverrà  evoluto (come IL PIANETA VERDE – un film che consiglio a chiunque di vedere, perché ci mostra la direzione in cui stiamo andando, ed in cosa consista l’essere un pianeta evoluto!) o forse la distruzione perpetrata dall’uomo sarà totale.

Quello che è certo è che quello che (dalla preistoria in poi) non è stato possibile, adesso lo è. Siamo protagonisti, spettatori, scrittori, sceneggiatori, distruttori e creatori del Mondo Nuovo e, se siamo Qui, è perché la nostra Anima ha scelto di partecipare a questa magnifica e straordinaria trasformazione epocale.

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