presenzaDa quando tutto questo è iniziato, mi rendo conto sempre più che ogni mio pensiero richiede PRESENZA.

È fondamentale ricordarsi sempre che il pensiero crea, che il cervello umano funziona vivendo ogni situazione immaginata come se fosse reale, e che, quando c’è associata una forte emozione, questa si tramuta in realtà vissuta dal corpo. Ci sono ormoni che provocano benessere e felicità (endorfine, ossitocina, ecc.), e ormoni che producono stress (cortisolo) ed emozioni pesanti; i primi aumentano le difese immunitarie, i secondi le abbassano fortemente.

LA QUARANTENA

In questi giorni di quarantena è inevitabile restare più soli con se stessi, e, se non si cercano continue compensazioni o distrazioni, si entra maggiormente dentro di sé. Per quanto mi riguarda, posso sentire i pensieri arrivare e, grazie all’esercizio più che ventennale, cerco di selezionare i migliori da frequentare. Perché, se mi lascio sopraffare dalla frustrazione e dalla paura, so che sto facendo entrare in circolo nel mio sangue ormoni che abbassano le difese immunitarie; se scelgo pensieri positivi e guardo a ciò che sta accadendo come a una straordinaria svolta per l’umanità, sto facendo circolare ormoni che aumentano la mia possibilità di essere in salute, e pronta per le trasformazioni che, sicuramente, avverranno.

EMOZIONI E PENSIERI

presenzaSe penso al mio punto delicato, la gola, e immagino che l’aria e il vento che ho preso possano farmi arrivare un raffreddore, o sintomi influenzali, immediatamente sento il naso pizzicare, gli occhi bruciare, la gola asciutta.

Allora ripenso a quando sono stata ricoverata, nel 2010, per una polmonite, e come il mio corpo abbia reagito con straordinaria vitalità ai farmaci, permettendomi un recupero immediato. Ricordo i medici guardarmi sorridendo e chiedermi: “Ma lei che ci fa qui?”, nel bel mezzo del reparto di medicina generale, in cui erano ricoverate persone con problematiche ben più importanti delle mie. Continuo a connettermi alla forza del mio corpo, alla sua solidità e salute, per creare sempre di più questa realtà, per me.

Dover fare la spesa facendo la fila fuori del supermercato muove in me l’istinto di sopravvivenza, quello che vorrebbe accaparrare tutto per sé. Ieri mi sono chiesta: cosa farei in un campo di concentramento? Sarei di quelli che dividono un tozzo di pane o me lo mangerei di nascosto? Conosco bene il fastidio che provo quando qualcuno prende un boccone dal mio piatto, o quando uno insiste chiedendo se voglio assaggiare dal suo, costringendomi a fare la stessa domanda. Tutto questo richiede, ora, che io sia PRESENTE a ciò che penso, a come agisco, per essere responsabile per me e per gli altri.

Leggendo quello che viene scritto dalle persone sui social network in questo periodo è evidente notare la differenza tra chi si abbandona all’incertezza e alla paura, e chi divulga la certezza che tutto sta andando bene, malgrado le tragedie e le morti che, purtroppo, stanno avvenendo.

Il mio non è un tentativo di sottovalutare gli effetti del virus (come ho fatto quando l’emergenza era appena arrivata in Italia); sto cercando di far notare come possiamo tenere alta l’energia del nostro corpo, nonostante tutto. Sicuramente aver iniziato a fare questo molto tempo fa è un grande aiuto, essersi trascurati a lungo rende più difficile una possibile guarigione, una volta contagiati; di sicuro possiamo impiegare bene la nostra mente e i nostri pensieri, se scegliamo di farlo, e non farci controllare da essi.

L’EFFETTO DELLA PAURA

La paura è un’emozione utilissima per l’uomo primitivo, infatti è collegata alla parte più antica del cervello, che presiede anche all’odorato: sentire da lontano che un animale feroce sta arrivando dà la scarica di adrenalina necessaria a darsi alla fuga, per salvarsi la vita. Questa emozione, collegata al pericolo incombente, è però molto sentita anche dall’uomo del terzo millennio, che vive con paura molte cose, tra cui la crisi economica, la giornata lavorativa, gli spostamenti in automobile, la mancanza della comodità a cui è abituato, la possibilità di perdere il lavoro, ecc. Un continuo e costante stress, che fa vivere sotto pressione, addirittura con crisi di panico, come se la belva feroce fosse davvero pronta ad attaccare, 24 ore su 24.

È inevitabile il fatto che il corpo viva con fatica sempre più grande questa costante perdita di energie, abbassando le difese immunitarie e rendendosi facile preda di varie sintomatologie. Sappiamo bene, anche se facciamo finta di non saperlo, che questo stile di vita sta avvelenando il nostro corpo, il nostro pianeta, il suolo, l’acqua, l’aria.

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Ho letto in questi giorni che uno dei motivi per cui i bambini non vengono toccati, se non in minima parte, dal virus, è che essi non provano paura della morte. Riflettiamoci, perché ci dà la misura di quanto la paura possa influenzarci. E, soprattutto, prendiamoci la responsabilità di coltivare o meno un certo tipo di pensiero e di atteggiamento.

IL CAMBIAMENTO NECESSARIO

Sono diversi decenni che, come specie umana, sappiamo di avere sbagliato moltissimo, eppure nessuno di quelli che hanno il potere di cambiare le cose ha mai fatto abbastanza per invertire la rotta.

Da altrettanto tempo, però, la consapevolezza dei singoli individui è aumentata, rendendo sempre più persone coscienti della necessità di trasformare uno stile di vita malsano, un capitalismo sempre più crudele e assassino, la diffusione feroce delle guerre, le ingiustizie eclatanti verso i paesi più poveri, sfruttati e affamati per mantenere la supremazia dell’occidente, il patriarcato che condanna le donne a un ruolo inferiore dalla nascita, i milioni di bambini lasciati morire senza pietà, ovunque nel mondo, e molto altro.

presenzaSiamo consapevoli sempre di più che tutto questo deve finire, ma non sappiamo come far sì che accada.

Il limite è stato raggiunto, il punto di non–ritorno è arrivato, e, molto probabilmente, ora è Madre Terra che sta decidendo di fermarci. Tutto questo possiamo vederlo in diversi modi, come una condanna o come una occasione di trasformazione e, anche in questo caso, il nostro modo di guardare alle cose potrà renderle più o meno facili per noi perché, come ho già detto, il pensiero crea la nostra realtà, che lo si voglia o no.

COSA ACCADRÁ

Immaginare un mondo diverso da quello attuale richiede apertura di pensiero; la possibilità di una società meno competitiva ma basata sulla collaborazione e la condivisione non è neppure contemplata da chi è cresciuto nell’incitamento costante al successo e alla ricchezza.

Alcune persone mi hanno tolto l’amicizia sui social quando ho scritto che, quando tutto questo sarà finito, niente sarà mai più lo stesso. Non riescono a immaginare un mondo diverso, è molto più facile pensare, per loro, che sono pazza io!

Se una persona si occupa di Coaching, deve essere per forza dedita a motivare gli altri a un incremento economico delle proprie attività, a raggiungere risultati grandiosi, a migliorare il proprio “status” sociale. Non è il mio caso (ahimè per il mio portafoglio!).

presenzaQuello di cui mi occupo io è aiutare le persone a raggiungere uno STATO DI BENESSERE INTERIORE, un allineamento tra la propria vita e la propria Essenza, in modo che ciò che SONO e ciò che REALIZZANO siano connessi, e questo, ti assicuro Vale la Gioia davvero!

A maggior ragione, se lo desidero e lo faccio per me e per gli altri, lo desidero per il resto dell’umanità e per Madre Terra.

Il livello di infelicità che questa società ha prodotto è mostruoso, e il cambiamento di rotta è necessario ora più che mai, perché la nostra specie si sta suicidando collettivamente.

L’altra sera ho cenato (via Skype!) con un’amica (anche lei Coach!) e io le ho detto: “Credo che tutto questo voglia dire la fine del capitalismo!” e lei mi ha risposto: “Sai che ci ho pensato anche io?”. Non sono l’unica pazza, evidentemente. E poi mi ha chiesto: “Cosa faremmo se non ci fosse più neppure la tecnologia?” e io le ho risposto: “Ma noi sappiamo già farlo, quando siamo nate non esisteva!”

Il modo di pensare che abbiamo ci rende capaci di immaginare una società diversa, oppure di pensare che è finita, e lasciarci andare al dramma.

Da lungo tempo guardo alle società primitive come ai Maestri che ci hanno preceduto, sia per la loro capacità di vivere in comunità, che per la loro Sacralità. Tornare all’Origine significa questo, fare tesoro di ciò che l’esperienza ci ha insegnato in questa insensata cosa al progresso, e ritrovare ciò che ha davvero valore per noi.

Le origini umili dei miei antenati mi aiutano a sapere che è possibile; ricordo bene come vivevano i miei nonni del Sud, coltivando la terra, mangiando le uova delle galline, le verdure dell’orto, vendemmiando l’uva per il vino, raccogliendo le olive per l’olio, facendo il pane in casa.

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Abbiamo dimenticato, e ora dobbiamo ricordare. È necessario ritrovare la capacità di vivere come una comunità, che si aiuta e si sostiene nei momenti di difficoltà. Se non sappiamo farlo, dobbiamo imparare, perché questa è l’unica possibilità di sopravvivenza che abbiamo.

 

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