autenticità

In questo periodo mi sono trovata spesso a pensare all’autenticità, che è diventata “merce” molto rara!

Il paragone che mi è venuto in mente è stato quello con un quadro, o un’opera d’arte di qualche famoso autore, magari già scomparso; quanto lavoro devono fare gli esperti, e quanto impegno e metodo, per scoprire se si tratta di un lavoro originale o di un falso! In questo caso la valutazione dell’opera è semplice: se è autentica, ha un valore; se si tratta di un falso, non ne ha nessuno. Magari fosse lo stesso per le cose dette o fatte dagli Umani!

Partendo da ciò che Socrate ripeteva 2.400 anni fa, cioè: “So di non sapere”, fino ad arrivare a ciò che ci dicono oggi i neuroscenziati, la coscienza di un essere umano è (più o meno) il cinque per cento, e, di conseguenza, la pretesa che abbiamo di essere consapevoli dei motivi che ci hanno spinto a fare o dire determinate cose, è decisamente illusoria.

Questo per evidenziare che anche chi crede di essere “autentico”, probabilmente si limita a dire in faccia a tutti ciò che pensa, magari con l’arroganza e la presunzione di essere nel giusto, perché “non le manda a dire”. In effetti, ciò che una persona ritiene vero è ciò di cui riesce a essere consapevole, niente di più, ecco perchè non è facile dire davvero la verità, neppure su se stessi!

L’autenticità di cui parlo, invece, è quella che si realizza arrivando a quel “Conosci te stesso” di cui, sempre il mio amato Socrate, ha parlato per lunghi anni.

Quando propongo dei corsi di Comunicazione Efficace, per esempio, metto l’accento sul fatto che solo essendo noi stessi possiamo davvero creare empatia e coinvolgimento negli altri; solo mostrando la nostra parte più vera e profonda smuoviamo il pubblico; facendogli sentire la nostra emozione, otteniamo che si emozioni!

E qui, naturalmente, casca l’asino! Sì, perché mi accorgo della delusione di chi vorrebbe SEMBRARE migliore, ma non è interessato a DIVENTARLO! Evidentemente molti sono convinti di non essere granché, e di aver bisogno di tecniche mirabolanti per diventare affascinanti e interessanti; non hanno alcuna voglia di scoprirsi, di mostrarsi per ciò che sono, piuttosto vorrebbero aggiungere un’altra maschera alle tante maschere che già indossano (la parola “persona” significa “maschera” nella sua etimologia)!

Su questo si basa la società in cui viviamo, sulla falsità condivisa, e necessaria per cavarsela in un mondo di “squali”, pronti a divorarsi l’un l’altro, tanto che la persona che ha l’audacia di mostrarsi per ciò che è, viene considerata ingenua, non realista, inadeguata, a volte stupida, o peggio.

Da molto tempo scrivo di quello che si può ottenere con percorsi di consapevolezza, che ci portano a scoprire il nostro Vero Sé; da parecchio insisto soprattutto nel far sapere cosa significhi arrivare a vivere una Vita che Vale la Gioia, anziché la pena, e questo – mi spiace dirvelo – richiede il coraggio di diventare Se Stessi, al di là di qualsiasi schema, pensiero o condizione che lo abbia impedito finora.

E adesso cerco di spiegare quello che accade quando arriviamo a essere Chi Siamo davvero, togliendo maschere su maschere, guarendo ferite, mettendo insieme i pezzi smontati della nostra personalità, lasciando andare quello che non ci appartiene, sperimentando sempre di più ciò che ci rende felici. Che poi è quello che intendo io per essere autentici.

ESSERE AUTENTICI

  • La prima cosa che mi viene in mente sono gli occhi! Diventano profondi, limpidi, capaci di velarsi di lacrime e commuoversi; occhi puliti dalle infinite lacrime versate. Non si arriva a questo punto senza passare dalla sofferenza più grande, e – se l’hai attraversata – hai capito cosa conta davvero e, di tutte le altre stronzate (dico testualmente) non te ne frega più un cazzo! Gli occhi sono lo specchio dell’Anima, e chi riesce a sostenere lo sguardo, a restare connesso con gli altri, guardandoli e riconoscendoli per ciò che sono, ha fatto molta strada sul Cammino di Conoscenza di Sé.
  • Una persona così è capace di provare empatia; avendo tolto strati di maschere e corazze, sente ciò che sentono gli altri, quindi può comprendere e com-patire; è in grado di provare compassione, e non può odiare né giudicare con leggerezza qualcosa o qualcuno.
  • Non è condizionato da ciò che gli altri pensano di lui. Ha vissuto abbastanza per capire che non si può andare bene a tutti, ed essere apprezzati da tutti, e lo trova giusto. Non ha bisogno di approvazione, perché sente ciò che è giusto per sé e lo mette in atto, anche se non è qualcosa che risponde alle regole morali, sociali o religiose. Questo non significa fare del male agli altri, ma seguire il proprio istinto e la propria natura, manifestarsi per ciò che si è, senza danneggiare nessuno, ma rispettando se stesso.
  • Poiché non è soggetto al giudizio altrui, e ha imparato a lasciar andare i sensi di colpa che qualcun altro gli aveva instillato, non reagisce come gli altri, non risponde alle provocazioni. Anche se gli costa fatica, incassa senza rispondere allo stesso modo. Si rende conto che la sua presenza può essere fastidiosa, per questo non è interessato a stare “in società”. Meglio la solitudine, o la compagnia di pochi e fidati amici, che essere in mezzo alla falsità!
  • Non cerca lodi, sviolinate, riconoscimenti. Ha la sua arte da creare, il suo lavoro da portare avanti, la sua Missione da compiere, e se qualcuno apprezza, buon per lui, altrimenti va bene lo stesso.
  • Per gli stessi motivi non si approfitta degli altri per nutrire se stesso o il proprio ego. La sua attività, in qualche modo, contribuisce al Bene comune, e questo lo rende soddisfatto.
  • Ha il proprio equilibrio, la propria centratura, e quando la perde sa dove andare a ritrovarla, a ricaricarsi, a rigenerarsi. Cerca di rispettarsi sempre e, se esagera con il suo lavoro, lo fa per qualche motivo importante.
  • Non si sente arrivato, sa che c’è sempre da imparare, e che anche le persone più umili possono insegnargli qualcosa. Per quello che lo interessa è curioso, cerca informazioni da chi ne sa di più, per approfondire l’arte o la materia.
  • Quando dice qualcosa o dà un consiglio, è frutto della sua esperienza di vita. Non parla a vanvera, dice cose sagge, che ha verificato e sperimentato su di sé. Se non conosce qualcosa, preferisce stare in silenzio e ascoltare.

PERSONE VERE

Questo tipo di autenticità si trova più facilmente in una persona semplice e umile, che non in chi ha studiato a lungo, o ha fatto molti percorsi di crescita personale, perché, spesso, più si è convinti di sapere e più l’ego cresce, e più si “struttura” la personalità, mentre l’autenticità si basa sull’ESSERE, non sul sapere, e tanto meno sull’avere!

Ho incontrato un uomo così qualche giorno fa, in un mercato agricolo. Mi ha venduto i suoi prodotti, senza aggiungere una parola, un sorriso; senza cercare di ingraziarmi, senza essere nient’altro che ciò che era: un uomo abituato a lavorare la terra con le sue mani, e a fare e a dire l’essenziale; l’ho riconosciuto e visto per ciò che era: autentico. Non c’era niente di falso e di costruito in lui.

Per tutti noi non è facile essere così, perché, per arrivarci, dobbiamo togliere molte sovrastrutture. Non è detto che siamo interessati a diventarlo, in effetti, a molti piace la propria personalità ricca di sapere, e di sfaccettature.

A cosa serve, dunque, ciò che ho scritto? Magari a valutare con maggiore attenzione le persone cui ci affidiamo, convinti che siano dei maestri, dei “guru”, dei personaggi da prendere come esempio; comprendere se siano più o meno autentici ci allena a riconoscere le parti di noi che vediamo riflesse in loro, quindi a conoscere meglio noi stessi!

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